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n° 5 Sabato 1 Febbraio 2020

EDITORIALE

 Due Febbraio, Giornata per la vita

GIORNATA DELLA VITA 2020Domenica 2 febbraio, festa della Presentazione del Signore, celebriamo nelle due parrocchie cittadine anche la festa della Famiglia e la Giornata per la vita. Questa ricorrenza è resa ancora più significativa dalla presenza a La Maddalena, in quei giorni, delle reliquie di santa Gianna Beretta Molla, il cui esempio è stato tutto un canto alla vita, fino al dono supremo di sé. Lei, medico, per salvare la vita e la salute della bambina che portava in grembo, ha preferito sacrificare la sua; è morta pochi mesi dopo la nascita della figlia. Sarà presente anche il figlio della santa, Pier Luigi, per una testimonianza sulla madre. La festa della Presentazione di Gesù Bambino al tempio annuncia il dono che lui farà di tutta la sua vita e che culminerà col sacrificio sulla croce. La festa della Famiglia, nella quale gli sposi rinnoveranno le promesse matrimoniali, ci richiama alla culla della vita e alla sua cura; la prima scuola è la famiglia. La Giornata per la vita, la 42° promossa dalla Chiesa italiana, ne costituisce come il coronamento con il tema: “Aprite le porte alla vita”. La vita è una promessa di bene, ricordano i vescovi italiani, a cui possiamo partecipare decidendo di aprirle le porte. Non tutti fanno l’esperienza di essere accolti da coloro che li hanno generati: numerose sono le forme di aborto, di abbandono, di maltrattamento, e di abuso. Davanti a queste situazioni disumane ogni persona prova un senso di ribellione o di vergogna. Tuttavia molti di noi hanno ricevuto fin dall’inizio della vita cure e attenzioni che ci hanno consentito di dispiegare e potenziare le nostre capacità. Riconoscenti per la porta che ci è stata aperta siamo invitati ad aprire la porta della vita ad altri viventi. Da qui l’impegno a custodire e proteggere la vita dall’inizio fino al suo naturale termine e di combattere ogni forma di violazione della dignità umana. L’ospitalità della vita è un legge fondamentale: siamo stati ospitati per imparare ad ospitare. Ogni situazione che incontriamo ci confronta con una differenza che va riconosciuta e valorizzata, non eliminata anche se può scompaginare i nostri equilibri. I vescovi ci ricordano che siamo affidati gli uni agli altri e che il frutto del Vangelo è la fraternità.

     D.D.

 

 

Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente

per la 42ª Giornata Nazionale per la Vita

2 febbraio 2020

Aprite le porte alla Vita

 

Desiderio di vita sensata

1. “Che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?” (Mt 19,16). La domanda che il giovane rivolge a Gesù ce la poniamo tutti, anche se non sempre la lasciamo affiorare con chiarezza: rimane sommersa dalle preoccupazioni quotidiane. Nell’anelito di quell’uomo traspare il desiderio di trovare un senso convincente all’esistenza.

Gesù ascolta la domanda, l’accoglie e risponde: “Se vuoi entrare nella vita osserva i comandamenti” (v. 17). La risposta introduce un cambiamento – da avere a entrare – che comporta un capovolgimento radicale dello sguardo: la vita non è un oggetto da possedere o un manufatto da produrre, è piuttosto una promessa di bene, a cui possiamo partecipare, decidendo di aprirle le porte. Così la vita nel tempo è segno della vita eterna, che dice la destinazione verso cui siamo incamminati.

 

Dalla riconoscenza alla cura

2. È solo vivendo in prima persona questa esperienza che la logica della nostra esistenza può cambiare e spalancare le porte a ogni vita che nasce. Per questo papa Francesco ci dice: “L’appartenenza originaria alla carne precede e rende possibile ogni ulteriore consapevolezza e riflessione”. All’inizio c’è lo stupore. Tutto nasce dalla meraviglia e poi pian piano ci si rende conto che non siamo l’origine di noi stessi. “Possiamo solo diventare consapevoli di essere in vita una volta che già l’abbiamo ricevuta, prima di ogni nostra intenzione e decisione. Vivere significa necessariamente essere figli, accolti e curati, anche se talvolta in modo inadeguato”.

È vero. Non tutti fanno l’esperienza di essere accolti da coloro che li hanno generati: numerose sono le forme di aborto, di abbandono, di maltrattamento e di abuso.

Davanti a queste azioni disumane ogni persona prova un senso di ribellione o di vergogna. Dietro a questi sentimenti si nasconde l’attesa delusa e tradita, ma può fiorire anche la speranza radicale di far fruttare i talenti ricevuti (cfr. Mt 25, 16-30). Solo così si può diventare responsabili verso gli altri e “gettare un ponte tra quella cura che si è ricevuta fin dall’inizio della vita, e che ha consentito ad essa di dispiegarsi in tutto l’arco del suo svolgersi, e la cura da prestare responsabilmente agli altri”.

Se diventiamo consapevoli e riconoscenti della porta che ci è stata aperta, e di cui la nostra carne, con le sue relazioni e incontri, è testimonianza, potremo aprire la porta agli altri viventi. Nasce da qui l’impegno di custodire e proteggere la vita umana dall’inizio fino al suo naturale termine e di combattere ogni forma di violazione della dignità, anche quando è in gioco la tecnologia o l’economia.

La cura del corpo, in questo modo, non cade nell’idolatria o nel ripiegamento su noi stessi, ma diventa la porta che ci apre a uno sguardo rinnovato sul mondo intero: i rapporti con gli altri e il creato

 

Ospitare l’imprevedibile

3. Sarà lasciandoci coinvolgere e partecipando con gratitudine a questa esperienza che potremo andare oltre quella chiusura che si manifesta nella nostra società ad ogni livello. Incrementando la fiducia, la solidarietà e l’ospitalità reciproca potremo spalancare le porte ad ogni novità e resistere alla tentazione di arrendersi alle varie forme di eutanasia.

L’ospitalità della vita è una legge fondamentale: siamo stati ospitati per imparare ad ospitare. Ogni situazione che incontriamo ci confronta con una differenza che va riconosciuta e valorizzata, non eliminata, anche se può scompaginare i nostri equilibri.

È questa l’unica via attraverso cui, dal seme che muore, possono nascere e maturare i frutti (cf Gv 12,24). È l’unica via perché la uguale dignità di ogni persona possa essere rispettata e promossa, anche là dove si manifesta più vulnerabile e fragile. Qui infatti emerge con chiarezza che non è possibile vivere se non riconoscendoci affidati gli uni agli altri. Il frutto del Vangelo è la fraternità.

 

I FATTI DELLA SETTIMANA

 Festeggiato a Due Strade Gesù Bambino di Praga.

GESU' BAMBINO DI PRAGA 2020a devozione a Gesù Bambino di Praga (ora Repubblica Ceca) ebbe origine nel convento dei Carmelitani Scalzi nell'anno1628. I religiosi avevano ricevuto in dono da una pia principessa una graziosa statuina in cera, rappresentante il Bambino Gesù in abiti regali nell'atto di benedire, mentre con la mano sinistra sorreggeva un piccolo globo. La statuetta, posta in adorazione nel convento, non tardò ad essere sorgente di grandi benefici. Si era allora in piena guerra dei Trent'anni. Fu profanata dagli eretici e gettata in un ripostiglio: ritrovata dopo sette anni dal Venerabile Padre Cirillo, egli sentì una chiara voce. Gesù Bambino disse: "Più mi onorerete, più io vi favorirò".

E nella chiesetta di Due Strade dedicata al Santo Bambino di Praga Egli è venerato, adorato e festeggiato da sempre. Anche quest'anno gli è stato reso onore domenica 26 gennaio con una bellissima e sentita festa, proprio nella domenica della Parola, iniziata con i vespri per onorarlo al meglio.

È seguita poi la tradizionale processione per le vie del quartiere addobbate a festa tra preghiere e canti: la portantina con la statua di Gesù Bambino adornata da coloratissimi fiori, è stata portata a braccio dai giovani animatori dell'Oratorio S. Giovanni Bosco. Vedere i giovani partecipare attivamente e devotamente, riempiva il cuore di gioia e di speranza! Ritornati in chiesa, il coro ha intonato il canto popolare "O Santo Bambino" accogliendo i celebranti don Andrea Domanski e, con grande emozione dei presenti, don Albert Guevara che ha celebrato la messa felice di ritornare nella chiesa dove per cinque anni, dal 2009 fino al 2014, ha esercitato la missione di viceparroco.

Egli, arrivato a Due Strade dalle Filippine era stato accolto, dall'allora parroco don Domenico Degortes, il quale conoscendo le sue doti di musicista, gli diede il compito di creare un coro e così, il 1 marzo del 2009, con un gruppo di persone disponibili, ha fatto la sua prima animazione della Messa cantando e suonando la chitarra, portando avanti anche altre attività. Perciò, dopo sei anni di lontananza dall'isola, possiamo immaginare quali siano stati i suoi sentimenti nel ritrovarsi in quella chiesa e, iniziando la celebrazione, si è così espresso: “Stasera, entrando in questa chiesa, mi sono subito emozionato! È una gioia per me tornare qui in occasione della festa di Gesù Bambino ed è una grande gioia incontrarvi. E la mia gioia è ancora più grande perché oggi anche nelle Filippine è la festa di Gesù Bambino di Sibù, una festa molto sentita da tutto il popolo!”. Vorrei poi riportare un bel passaggio della sua omelia: “Quando sono arrivato qui, dopo 10 anni di sacerdozio alle spalle, mi sono sentito trasformato ancora una volta da Gesù, come un bambino, sono stato alla scuola di Gesù Bambino, grazie anche a don Domenico che mi ha aiutato a crescere nella vita spirituale. Ringrazio don Andrea per avermi invitato a presiedere questa messa dandomi la possibilità di parlare a voi in questo giorno così speciale per la comunità”. Al termine della Messa, resa gioiosa dalla musica e dai bei canti del coro, il parroco don Andrea ha ringraziato don Albert per la preghiera insieme e per le sue parole e ha elogiato il coro di Gesù Bambino che ha compiuto undici anni di servizio e ha ringraziato tutta la comunità che, nonostante le difficoltà, si mantiene viva e porta avanti tutte le attività. Non poteva mancare subito dopo la Messa un momento conviviale dove, oltre a poter gustare prelibatezze preparate dai membri della comunità, abbiamo avuto l'occasione di scambiare due chiacchere e ascoltare qualche testimonianza di persone devote a Gesù Bambino. Come una signora che già da tanti anni, per ringraziare ed onorare Gesù Bambino dal quale ha ricevuto molte grazie, viene appositamente da Olbia, unendosi alle preghiere della comunità. Anche chi vi scrive ha potuto sperimentare la grazia di essere stata guarita: sono nata a Due Strade e quando avevo sei mesi, per una malattia che mi stava portando alla morte, mia mamma ha invocato e si è raccomandata a Gesù Bambino e io mi sono ripresa! Una grande fede dunque verso Gesù Bambino che alle richieste del popolo, è pronto a donare le grazie più belle!       

     Maria Vitiello

 

Domenica 26 gennaio a Cannigione si è svolta la marcia della pace voluta ed organizzata dall’ACR.

MARCIA DELLA PACE CANNIGIONE  2020 (1)Il tema centrale dell’iniziativa, “La città giusta”, unito al profondo sentimento legato al tema della pace si rifanno interamente a quanto detto da Papa Francesco nel messaggio per la 53° giornata mondiale della pace: “Non si ottiene la pace se non la si spera. Si tratta prima di tutto di credere nella possibilità della pace, di credere che l’altro ha il nostro stesso bisogno di pace. In questo, ci può ispirare l’amore di Dio per ciascuno di noi, amore liberante, illimitato, gratuito, instancabile”.

Con questo spirito si sono ritrovati a Cannigione domenica mattina circa 800 persone di quasi 20 parrocchie della nostra diocesi di Tempio - Ampurias. La nostra comunità cristiana isolana ha partecipato con quasi cinquanta persone tra catechiste, ragazzi e famiglie dalle due parrocchie isolane.

La giornata, oltre a fornire un’ opportunità d’incontro per tante persone appartenenti a realtà diverse, ha dato modo di rinnovare l’impegno sociale che l’ACR ha sempre considerato come sua base fondante. Il progetto educativo di ACR basato, sia sul vivere secondo i principi del Cristianesimo, sia sull’impegno verso le categorie più deboli, ha visto, in Gallura, una rinnovata spinta. Questo grazie a nuove forze messe in campo e, con somma soddisfazione, forze provenienti dalla nostra parrocchia. È stata l’occasione, infatti, per presentare Don Davide come nuovo assistente diocesano.

MARCIA DELLA PACE CANNIGIONE  2020 (2)L’iniziativa, propiziata da una bellissima giornata di sole, è stato un fraterno momento di condivisione e preghiera. Dopo la marcia, la celebrazione della Santa Messa, presieduta da Monsignor Sanguinetti, insieme ad 8 sacerdoti concelebranti. Momento solenne, ma reso “leggero” dalla massiccia presenza dei bambini, che con la loro spontaneità ed innocenza hanno interagito con il Vescovo durante l’omelia. Omelia semplice, ma di sostanza, toccante in molti passaggi. Il nodo cruciale: l’importanza di essere portatori di pace nelle nostre città ed all’interno delle comunità. Non un’impresa ardua ed impossibile, ma, partendo dal singolo, costruisca un piccolo mondo di pace che, unito agli altri, crei un universo.

L’entusiasmo ha coinvolto tutti i partecipanti anche grazie al momento di convivialità, che tanto, nella memoria dei più grandi, ha ricordato i tempi dell’infanzia, in cui momenti del genere erano più frequenti, in cui l’ossessione per la tecnologia e l’essere sempre “connessi” non esisteva, in cui giocare insieme, mangiare insieme rappresentava non solo un momento, ma la condivisione di emozioni, sentimenti e ricordi, vera testimonianza del Cristianesimo come religione dell’incontro.

Per tutto ciò un grazie per quanto vissuto accompagnato dall’augurio che non solo si possa ripetere, ma che l’ACR ritrovi nel territorio le sue radici e rifiorisca più rigogliosa di prima.

Chiara Bottoni

 

Le Suore Vincenziane al servizio della comunità isolana. Credo che la comunità isolana debba esprimere corale gratitudine alle Suore Vincenziane per il lavoro svolto in tutti questi anni. Il carisma di San Vincenzo le ha portate a rispondere adeguatamente alle diverse povertà e alle esigenze educative di questa comunità. Il lavoro silenzioso e tenace è stato accompagnato dalle difficoltà di dover fare delle scelte non sempre comprese. Ci saranno sempre quelli che sanno “meglio” cosa dovrebbero fare gli altri... Ci sarà sempre chi vuole aiutare i poveri ma a patto che lo faccia sempre qualcun altro perché chi sparla in genere non vuole sporcarsi le mani….Fossero attivi in carità i leoni da tastiera sempre pronti a criticare e giudicare….Grazie a Dio, però, ci sono anche coloro che lavorano in silenzio e danno una mano concreta secondo le proprie disponibilità….e sempre, grazie a Dio, sono tanti…...

È proprio vero che la foresta che cresce fa meno rumore di un albero che cade. Grazie sorelle!

Don Andrea

 

■ Istituto San Vincenzo. Suor Maria Rosaria Tronci: ci dispiace di non poter fare di più.

Cosa si può pretendere da sei suore, quattro delle quali non giovanissime? Si può pretendere da loro ciò che le istituzioni non fanno o non riescono a fare? Ciò che altri, gruppi o singoli, pensano debbano sempre fare gli altri? Sono apparse piuttosto ingenerose alcune critiche mosse, per la verità non da molte persone, nei confronti delle suore di San Vincenzo, alla notizia che avessero accolto a La Maddalena tre profughi, una giovane donna e due ragazzi. Da sempre l’Istituto San Vincenzo e le suore che si sono succedute in quasi 120 anni di presenza, “si spendono a favore della comunità, aperte a tutte le esigenze”, afferma la superiora suor Maria Rosaria Tronci. L’Istituto fu fondato nel 1903 e da allora si sono succedute quasi 150 religiose; Non tutte probabilmente erano “stinche” di santo, non tutte hanno lasciato in chi le ha conosciute un buon ricordo; alcune di loro invece sante lo sarebbero potute diventare (ma non è detto …), e tante altre sono state coloro che a questo convento e a questa comunità hanno “dato”, e a in tanti casi, anche molto.

Lei, suor Maria Rosaria, la superiora, e le consorelle, dalla mattina alla sera si prodigano nelle varie attività che vanno dall’assistenza alla beneficenza, dall’accoglienza all’insegnamento all’autosostentamento. “Ci dispiace di non poter fare di più”, afferma la suora, riferendosi tra l’altro alle situazioni di alcune persone che purtroppo non hanno un tetto e per le quali soluzioni adeguate dovrebbero essere trovate più dalle istituzioni che pretese da chi agisce invece nel volontariato, sia pur esso religioso. Per quanto riguarda l’accoglienza, suor Maria Rosaria precisa che la comunità vincenziana di Cagliari, alla quale l’istituto di La Maddalena appartiene, ha costituito un’associazione, per italiani e non, di accoglienza di donne maltrattate, di minori, di papà separati, di donne vittime della tratta, di profughi. Queste persone, indipendentemente dal fatto che siano italiane e meno, vengono inviate nelle diverse case vincenziana della Sardegna sulla base di un progetto di carattere nazionale. Vengono accolte per un breve periodo, per fare un percorso di formazione, per renderle autonome; un tirocinio formativo che dovrebbe metterle in condizione di andare avanti con le loro gambe. Così è stato ad esempio per una giovane donna africana che l’Istituto ha accolto tempo fa con il suo bimbino in tenera età, che dopo un periodo di tempo trascorso a La Maddalena si è ora trasferita in Continente iniziando una vita nuova. “Non c’è fine di lucro in tutto questo!”, precisa la superiora. Fare del bene è dove di ogni suora, e in particolare farlo ai bisognosi e ai poveri, nel carisma del fondatore, San Vincenzo de’ Paoli.

Claudio Ronchi

 

■ Il “nuovo” Padre nostro entrerà in vigore in Avvento.

La preghiera più popolare del cristiano, il Padre nostro, detta preghiera del Signore, avrà un cambiamento: nella Messa e fuori della Messa non si dirà più “non ci indurre in tentazione” ma “non abbandonarci alla tentazione”. Il cambiamento, diventerà obbligatorio dal 29 novembre, prima domenica di Avvento. La nuova traduzione potrà comunque essere usata anche prima di quella data ma dopo la pubblicazione del nuovo messale prevista dopo la Pasqua, che quest’anno si celebra il 12 aprile. Alcuni sono affezionati all’antica dicitura. Ma tutti, qualche volta almeno, ci siamo domandati: come è possibile che sia Dio a tentare l’essere umano. Commentava una volta papa Francesco: “Sono io a cadere, non è Dio che mi butta nella tentazione, per poi vedere come sono caduto. Quello che induce in tentazione è Satana”. In effetti la vecchia traduzione dal greco, nel Vangelo secondo Matteo, non è felice. Il termine greco significa “non permettere di entrare in” “non lasciarci soccombere alla tentazione”. “Dio non tenta nessuno al male” (Gc 1,13); al contrario vuole liberarcene. La vecchia traduzione è stata tollerata per molto tempo confidando nel buon senso del popolo cristiano che, pur affezionato alle antiche preghiere, sempre e specialmente nella tentazione, confida nel Signore. La nuova traduzione della Bibbia in italiano già dal 2009 dice: “Non abbandonarci alla tentazione”. Del resto è la stessa espressione del Padre nostro secondo il Vangelo di Luca. Nel nuovo messale con il Padre nostro cambierà anche il Gloria: al posto di “Pace in terra agli uomini di buona volontà” si dirà “Pace in terra agli uomini, amati dal Signore”. Sempre, non per il gusto di cambiare, ma per una traduzione più fedele al testo greco originale.                     D.D.

 

■ Condoglianze ai familiari di Luigi Campa, Francesca Fornasari ved. Acciaro, Giuseppina Paola Porcu e Alberto Guevara Senior (padre di don Alberto), che sono tornati alla casa del Padre celeste.

 

GIORNATA FAMIGLIA E DELLA VITA 2020

 

AVVISI

Parrocchia Agonia di N.S.G.C. – Moneta

 1. Domenica 2 febbraio: Giornata per la Vita e Festa della Famiglia alla presenza delle reliquie di S. Gianna Beretta Molla (vedi manifesto).

                Giornata della Vita Consacrata.

 2. Lunedì 3 febbraio – memoria della Beata sr. Giuseppina Nicoli. Benedizione della gola per intercessione di S. Biagio al termine della S. Messa delle h.8.00.

 3. Da martedì 4 a lunedì 10 febbraio – la Caritas partecipa alla raccolta dei farmaci per il Banco Farmaceutico presso le farmacie di Due Strade e Corda in Piazza S.Maria Maddalena– vedi il manifesto.

 4. Venerdì 7 febbraio primo venerdì del mese. Adorazione del Santissimo Sacramento dalle h.16.00.

 5. Domenica 9 febbraio h.10.30 S. Messa a Stagnali.

                Nell’Oratorio San Domenico Savio ritiro dei cresimandi.

 6. Mercoledì 12 febbraio ore 17.00 nella chiesa di S. Maria Maddalena S. Messa per i malati celebrata dal Vescovo Mons. Sanguinetti. Non ci sarà la S. Messa a Moneta.

 

 

 

AVVISI

Parrocchia Santa Maria Maddalena

 1. Domenica 2 febbraio: Giornata per la Vita e Festa della Famiglia alla presenza delle reliquie di S. Gianna Beretta Molla (vedi manifesto).

            Giornata della Vita Consacrata.

            h. 17.00 S. Messa nella sala della Sacra Famiglia (Crocetta).

 2. Lunedì 3 febbraio – memoria della Beata sr. Giuseppina Nicoli. Benedizione della gola per intercessione di S. Biagio al termine della S.Messa delle h.18.00.

 3.Da martedì 4 a lunedì 10 febbraio – la Caritas partecipa alla raccolta dei farmaci per il Banco Farmaceutico presso le farmacie di Due Strade e Corda in Piazza S.Maria Maddalena– vedi il manifesto.

 4. Mercoledì 5 febbraio h.15.45 S. Messa nella cappella del Cimitero.

 5. Giovedì 6 febbraio primo giovedì del mese, h.17.00 preghiera per le vocazioni.

 6. Venerdì 7 febbraio primo venerdì del mese. Nella chiesa di Gesù Bambino a Due Strade adorazione del Santissimo Sacramento dalle h.16.00 e S. Messa alle h.17.00.

 7. Domenica 9 febbraio h.18.00 S. Messa con il passaggio di consegne dalla classe 1969 del Comitato delle Feste Patronali S. Maria Maddalena e Natività della Beata Vergine Maria alla classe 1970.

8. Mercoledì 12 febbraio ore 17.00 nella chiesa di S. Maria Maddalena S. Messa per i malati celebrata dal Vescovo Mons. Sanguinetti.

 9. Incontro Gruppo Ministranti: ogni lunedì dalle 18.00 alle 18.30 o giovedì dalle 16.30 alle 17.30 presso l’Oratorio don Bosco.

 10. Dal 24 aprile al 2 maggio pellegrinaggio a Pietrelcina - Padre Pio, Pescara, Assisi, Cascia e Greccio. Per informazioni rivolgersi a Paolo Provenzano al numero 3403596991.

 

BANCO FARMACEUTICO 2020

 

M A G I S T E R O

 LA VICINANZA DI DIO E L’AMICIZIA DI DIO NON SONO UN MERITO NOSTRO: SONO UN DONO GRATUITO DI DIO

Il Vangelo di Mt 4,12-23 ci presenta l’inizio della missione pubblica di Gesù. Questo avvenne in Galilea, una terra di periferia rispetto a Gerusalemme, e guardata con sospetto per la mescolanza con i pagani. Da quella regione non ci si aspettava nulla di buono e di nuovo; invece, proprio lì Gesù, che era cresciuto a Nazaret di Galilea, incomincia la sua predicazione.

Egli proclama il nucleo centrale del suo insegnamento sintetizzato nell’appello: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Questo annuncio è come un potente fascio di luce che attraversa le tenebre e fende la nebbia, ed evoca la profezia di Isaia che si legge nella notte di Natale: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che camminavano in terra tenebrosa una luce rifulse». Con la venuta di Gesù, luce del mondo, Dio Padre ha mostrato all’umanità la sua vicinanza e amicizia. Esse ci sono donate gratuitamente al di là dei nostri meriti. La vicinanza di Dio e l’amicizia di Dio non sono un merito nostro: sono un dono gratuito di Dio. Noi dobbiamo custodire questo dono.

L’appello alla conversione, che Gesù rivolge a tutti gli uomini di buona volontà, si comprende in pienezza proprio alla luce dell’evento della manifestazione del Figlio di Dio, su cui abbiamo meditato nelle scorse domeniche. Tante volte risulta impossibile cambiare vita, abbandonare la strada dell’egoismo, del male, abbandonare la strada del peccato perché si incentra l’impegno di conversione solo su sé stessi e sulle proprie forze, e non su Cristo e il suo Spirito. Ma la nostra adesione al Signore non può ridursi ad uno sforzo personale, no. Credere questo anche sarebbe un peccato di superbia. La nostra adesione al Signore non può ridursi ad uno sforzo personale, deve invece esprimersi in un’apertura fiduciosa del cuore e della mente per accogliere la Buona Notizia di Gesù. È questa – la Parola di Gesù, la Buona Notizia di Gesù, il Vangelo – che cambia il mondo e i cuori! Siamo chiamati, pertanto, a fidarci della parola di Cristo, ad aprirci alla misericordia del Padre e lasciarci trasformare dalla grazia dello Spirto Santo.

È da qui che comincia il vero percorso di conversione. Proprio come è capitato ai primi discepoli: l’incontro con il Maestro divino, col suo sguardo, con la sua parola ha dato loro la spinta a seguirlo, a cambiare vita mettendosi concretamente al servizio del Regno di Dio.

L’incontro sorprendente e decisivo con Gesù ha dato inizio al cammino dei discepoli, trasformandoli in annunciatori e testimoni dell’amore di Dio verso il suo popolo. Ad imitazione di questi primi araldi e messaggeri della Parola di Dio, ciascuno di noi possa muovere i passi sulle orme del Salvatore, per offrire speranza a quanti ne sono assetati.

La Vergine Maria, alla quale ci rivolgiamo in questa preghiera dell’Angelus, sostenga questi propositi e li avvalori con la sua materna intercessione.

(ANGELUS – III Domenica T.O. - 26/01/2020)

 

 

PRIGIONIERI DELLE FORMALITÀ

È il sentimento di gioia dell’essere cristiani che Papa Francesco ha posto al centro della sua omelia alla Messa a Casa Santa Marta di martedì mattina, 28 gennaio. Lo spunto gli è stato offerto dalla prima Lettura del giorno, tratta dal secondo libro di Samuèle, in cui si racconta di Davide e di tutto il popolo d’Israele in festa per il ritorno dell’Arca dell’Alleanza a Gerusalemme.

L’arca era stata rapita e il suo ritorno è una gioia grande per il popolo. Il popolo sente che Dio gli è vicino e fa festa. E il re Davide è con lui, si mette alla testa della processione, fa un sacrificio immolando un giovenco e un ariete grasso. Con il popolo poi grida, canta e balla con tutte le forze.

Era una festa: la gioia del popolo di Dio perché Dio era con loro. E Davide? Balla. Balla davanti al popolo, esprime la sua gioia senza vergogna; è la gioia spirituale dell’incontro con il Signore: Dio è tornato da noi, e questo ci dà tanta gioia. Davide non pensa che è il re e che il re deve essere distaccato dalla gente, la “sua maestà”, con la distanza. Infatti Davide ama il Signore, è felice per questo evento di portare l’arca del Signore. Esprime questa felicità, questa gioia, ballando e sicuramente anche cantava come tutto il popolo.

Succede anche a noi di sentire la gioia quando siamo con il Signore e, magari in parrocchia o nei paesi, la gente fa festa.

Davide, rientrando nella sua casa trova una delle mogli, Mical, la figlia di Saul la quale lo accoglie con disprezzo. Vedendo il re ballare si era vergognata di lui e lo rimprovera dicendogli: «Ma ti sei vergognato ballando come un volgare, come uno del popolo?». È il disprezzo della religiosità genuina, della spontaneità della gioia con il Signore. E Davide le spiega: “Ma guarda, era motivo di gioia questo. La gioia nel Signore, perché abbiamo portato l’arca a casa!”. Ma lei lo disprezza. E dice la Bibbia che questa signora non ha avuto figli per questo. Difatti il Signore l’ha punita. Quando manca la gioia in un cristiano; quando manca la gioia nel nostro cuore, non c’è fecondità.

La festa non si esprime solo spiritualmente, ma diventa condivisione. Davide, quel giorno, dopo la benedizione, aveva distribuito una focaccia di pane per ognuno, una porzione di carne arrostita e una schiacciata di uva passa, perché ognuno festeggiasse nella propria casa. La Parola di Dio non si vergogna della festa: È vero, a volte il pericolo della gioia è andare oltre e credere che questo è tutto. No: questa è l’aria di festa. E in proposito il Papa ha ricordato che san Paolo VI nella sua esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, parla di questo aspetto ed esorta alla gioia.

La Chiesa non andrà avanti, il Vangelo non andrà avanti con evangelizzatori noiosi, amareggiati. No. Andrà avanti soltanto con evangelizzatori gioiosi, pieni di vita. La gioia nel ricevere la Parola di Dio, la gioia di essere cristiani, la gioia di andare avanti, la capacità di fare festa senza vergognarsi e non essere come questa signora, Mical, cristiani formali, cristiani prigionieri delle formalità. Che il Signore ci dia la grazia della gioia e anche la grazia di gioire con il popolo di Dio.

(Meditazione mattutina nella Cappella della Domus Sanctae Marthae – 28/01/2020)

 

Catechesi sulle Beatitudini: Introduzione

 

Iniziamo oggi una serie di catechesi sulle Beatitudini nel Vangelo di Matteo (5,1-11). Questo testo che apre il “Discorso della montagna” e che ha illuminato la vita dei credenti anche di tanti non credenti. È difficile non essere toccati da queste parole di Gesù, ed è giusto il desiderio di capirle e di accoglierle sempre più pienamente. Le Beatitudini contengono la “carta d’identità” del cristiano, perché delineano il volto di Gesù stesso, il suo stile di vita.

Ora inquadriamo globalmente queste parole di Gesù; nelle prossime catechesi commenteremo le singole Beatitudini, una ad una.

Anzitutto è importante come avvenne la proclamazione di questo messaggio: Gesù, vedendo le folle che lo seguono, sale sul dolce pendio che circonda il lago di Galilea, si mette a sedere e, rivolgendosi ai discepoli, annuncia le Beatitudini. Dunque il messaggio è indirizzato ai discepoli, ma all’orizzonte ci sono le folle, cioè tutta l’umanità. È un messaggio per tutta l’umanità.

Inoltre, il “monte” rimanda al Sinai, dove Dio diede a Mosè i Comandamenti. Gesù inizia a insegnare una nuova legge: essere poveri, essere miti, essere misericordiosi… Questi “nuovi comandamenti” sono molto più che delle norme. Infatti, Gesù non impone niente, ma svela la via della felicità – la sua via – ripetendo otto volte la parola “beati”.

Ogni Beatitudine si compone di tre parti. Dapprima c’è sempre la parola “beati”; poi viene la situazione in cui si trovano i beati: la povertà di spirito, l’afflizione, la fame e la sete della giustizia, e via dicendo; infine c’è il motivo della beatitudine, introdotto dalla congiunzione “perché”: “Beati questi perché, beati coloro perché …” Così sono le otto Beatitudini e sarebbe bello impararle a memoria per ripeterle, per avere proprio nella mente e nel cuore questa legge che ci ha dato Gesù.

Facciamo attenzione a questo fatto: il motivo della beatitudine non è la situazione attuale ma la nuova condizione che i beati ricevono in dono da Dio: “perché di essi è il regno dei cieli”, “perché saranno consolati”, “perché erediteranno la terra”, e così via.

Nel terzo elemento, che è appunto il motivo della felicità, Gesù usa spesso un futuro passivo: “saranno consolati”, “riceveranno in eredità la terra”, “saranno saziati”, “saranno perdonati”, “saranno chiamati figli di Dio”.

Ma cosa vuol dire la parola “beato”? Perché ognuna della otto Beatitudini incomincia con la parola “beato”? Il termine originale non indica uno che ha la pancia piena o se la passa bene, ma è una persona che è in una condizione di grazia, che progredisce nella grazia di Dio e che progredisce sulla strada di Dio: la pazienza, la povertà, il servizio agli altri, la consolazione … Coloro che progrediscono in queste cose sono felici e saranno beati.

Dio, per donarsi a noi, sceglie spesso delle strade impensabili, magari quelle dei nostri limiti, delle nostre lacrime, delle nostre sconfitte. È la gioia pasquale di cui parlano i fratelli orientali, quella che ha le stimmate ma è viva, ha attraversato la morte e ha fatto esperienza della potenza di Dio. Le Beatitudini ti portano alla gioia, sempre; sono la strada per raggiungere la gioia. Ci farà bene prendere il Vangelo di Matteo oggi, capitolo quinto, versetto da uno a undici e leggere le Beatitudini - forse alcune volte in più, durante la settimana - per capire questa strada tanto bella, tanto sicura della felicità che il Signore ci propone.

(UDIENZA GENERALE – 29/01/2020) a cura di A. Panzera