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n° 7 Sabato 15 Febbraio 2020 |
Avvisi
Parrocchia Santa Maria Maddalena
1. Domenica 16 febbraio
Vendita di dolci per sostenere le attività dei ragazzi dell’Oratorio.
Festa in maschera per bambini e ragazzi con lotteria presso l’Oratorio don Bosco (cfr. manifesto).
2. Mercoledì 19 febbraio h.16.00 S.Messa nella chiesa della SS. Trinità.
3. Incontro Gruppo Ministranti: ogni lunedì dalle 18.00 alle 18.30 o martedì dalle 18.00 alle 18.30 presso l’Oratorio don Bosco.
4. Dal 17 al 19 marzo pellegrinaggio ad Ajaccio (Corsica) per la festa della Madonnuccia, patrona di Ajaccio. Per le iscrizioni rivolgersi a Pierluigi Aversano al 3491534378 o in sacrestia.
5. Dal 24 aprile al 2 maggio pellegrinaggio a Pietrelcina - Padre Pio, Pescara, Assisi, Cascia e Greccio. Per informazioni rivolgersi a Paolo Provenzano al numero 3403596991.

M A G I S T E R O
IL CARISMA DELL'UNITà è UNA GRAZIA PER IL NOSTRO TEMPO
Vi siete radunati con l’obiettivo di approfondire il significato e il contributo del carisma dell’unità a servizio oggi della missione della Chiesa come comunione evangelizzatrice.
I carismi sono «regali dello Spirito integrati nel corpo ecclesiale, attratti verso il centro che è Cristo, da dove si incanalano in una spinta evangelizzatrice». È bene dunque, anche per i Vescovi, mettersi sempre di nuovo alla scuola dello Spirito Santo, che fa uscire dal Cenacolo – dove il Signore Gesù li ha riuniti in unità con Pietro e con Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa – per camminare nel fuoco della Pentecoste con tutto il Popolo di Dio lungo le strade della missione. La sua luce e la sua forza guidano ad incontrare con misericordia e tenerezza chi vive e soffre nelle periferie esistenziali e sociali, annunciando e testimoniando con gioia, senza paura, ricchi solo di fede, di speranza, di amore il Vangelo di Gesù. I doni carismatici sono co-essenziali, insieme ai doni gerarchici, nella missione della Chiesa, e i Pastori sono investiti del dono specifico di riconoscere e promuovere l’azione dello Spirito Santo che dissemina in seno al Popolo di Dio, tra i fedeli di ogni vocazione, «grazie speciali con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi vari incarichi e uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa». Il carisma dell’unità è una di queste grazie per il nostro tempo, che sperimenta un cambiamento di portata epocale e invoca una riforma spirituale e pastorale semplice e radicale, che riporti la Chiesa alla sorgente sempre nuova e attuale del Vangelo di Gesù. Attraverso il carisma dell’unità lo Spirito Santo insegna in concreto a vivere la grazia dell’unità secondo la preghiera rivolta da Gesù al Padre nell’imminenza della sua Pasqua di morte e risurrezione. Lo Spirito invita a scegliere come unico tutto della nostra sequela e come unica bussola del nostro ministero Gesù crocifisso – Chiara Lubich aggiungerebbe “abbandonato” – facendosi uno con tutti, a partire dagli ultimi, dagli esclusi, dagli scartati, per portare loro la luce, la gioia, la pace. Lo Spirito apre al dialogo della carità e della verità con ogni uomo e ogni donna, di tutte le culture, le tradizioni religiose, le convinzioni ideali, per edificare nell’incontro la civiltà nuova dell’amore. Lo Spirito mette alla scuola di Maria, dove si impara che ciò che vale e resta è l’amore. Come Maria e con lei siamo chiamati a rendere presente e quasi tangibile insieme, per l’umanità di oggi, Gesù, il Figlio di Dio che nel suo grembo si è fatto primogenito tra molti fratelli e sorelle e che vive Risorto in mezzo a quanti sono uno nel suo Nome (cfr Mt 18,20). Con voi, dunque, cari fratelli Vescovi, esprimo la gratitudine a Dio per il dono del carisma dell’unità attraverso la testimonianza e l’insegnamento della Serva di Dio Chiara Lubich e, con rinnovata comunione e sotto lo sguardo materno di Maria, «invoco […] lo Spirito Santo, lo prego che venga a rinnovare, a scuotere, a dare impulso alla Chiesa in un’audace uscita fuori da sé per evangelizzare tutti i popoli».
(Messaggio ai Vescovi amici del Movimento dei Focolari in occasione del centenario della nascita della Serva di Dio Chiara Lubich – 29/01/2020)
CATECHESI SULLE BEATITUDINI: Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati (Mt 5,4)
Nella lingua greca in cui è scritto il Vangelo, questa beatitudine viene espressa con un verbo che non è al passivo – infatti i beati non subiscono questo pianto – ma all’attivo: “si affliggono”; piangono, ma da dentro. Si tratta di un atteggiamento che è diventato centrale nella spiritualità cristiana e che i padri del deserto, i primi monaci della storia, chiamavano “penthos”, cioè un dolore interiore che apre ad una rinnovata relazione con il Signore e con il prossimo. Questo pianto, nelle Scritture, può avere due aspetti: il primo è per la morte o per la sofferenza di qualcuno. L’altro aspetto sono le lacrime per il proprio peccato , quando il cuore sanguina per il dolore di avere offeso Dio e il prossimo. Si tratta quindi di voler bene all’altro in maniera tale da vincolarci a lui o lei fino a condividere il suo dolore. Ci sono persone che restano distanti, un passo indietro; invece è importante che gli altri facciano breccia nel nostro cuore. Ho parlato spesso del dono delle lacrime, e di quanto sia prezioso. Si può amare in maniera fredda? Si può amare per finzione, per dovere? Certamente no. Ci sono degli afflitti da consolare, ma talvolta ci sono pure dei consolati da affliggere, da risvegliare, che hanno un cuore di pietra e hanno disimparato a piangere. C’è pure da risvegliare la gente che non sa commuoversi del dolore altrui.
Il lutto, ad esempio, è una strada amara, ma può essere utile per aprire gli occhi sulla vita e sul valore sacro e insostituibile di ogni persona, e in quel momento ci si rende conto di quanto sia breve il tempo. Vi è un secondo significato di questa paradossale beatitudine: piangere per il peccato. Qui bisogna distinguere: c’è chi si adira perché ha sbagliato. Ma questo è orgoglio. Invece c’è chi piange per il male fatto, per il bene omesso, per il tradimento del rapporto con Dio. Questo è il pianto per non aver amato, che sgorga dall’avere a cuore la vita altrui. Qui si piange perché non si corrisponde al Signore che ci vuole tanto bene, e ci rattrista il pensiero del bene non fatto; questo è il senso del peccato. Costoro dicono: “Ho ferito colui che amo”, e questo li addolora fino alle lacrime. Dio sia benedetto se arrivano queste lacrime! Questo è il tema dei propri errori da affrontare, difficile ma vitale. Pensiamo al pianto di san Pietro, che lo porterà a un amore nuovo e molto più vero: è un pianto che purifica, che rinnova. Pietro guardò Gesù e pianse: il suo cuore è stato rinnovato. A differenza di Giuda, che non accettò di aver sbagliato e, poveretto, si suicidò. Capire il peccato è un dono di Dio, è un’opera dello Spirito Santo. Noi, da soli, non possiamo capire il peccato. È una grazia che dobbiamo chiedere. Signore, che io capisca il male che ho fatto o che posso fare. Questo è un dono molto grande e dopo aver capito questo, viene il pianto del pentimento. Dio sempre perdona: non dimentichiamoci di questo, anche i peccati più brutti, sempre. Il problema è in noi, che ci stanchiamo di chiedere perdono, ci chiudiamo in noi stessi e non chiediamo il perdono. Questo è il problema; ma Lui è lì per perdonare. Se teniamo sempre presente che Dio «non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe» (Sal103,10), viviamo nella misericordia e nella compassione, e appare in noi l’amore. Che il Signore ci conceda di amare in abbondanza, di amare con il sorriso, con la vicinanza, con il servizio e anche con il pianto. (UDIENZA GENERALE – 12/02/2020) a cura di A. Panzera
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