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n°43 Sabato 1 Novembre 2019 |
EDITORIALE
Tutti Santi o tutti morti?
Anche quest’anno è arrivata la solennità di Tutti i Santi e la Commemorazione dei Fedeli Defunti, due feste cristiane che molto spesso passano come momento di sosta per magari qualche ponte sia scolastico che lavorativo e non si vive in pieno quello che la liturgia della Chiesa vuole proporci di festeggiare.
La solennità di tutti i santi ci porta a venerare tutti quegli uomini e donne che hanno fatto della propria vita un autentico Vangelo e che dalla Chiesa sono stati riconosciuti tali, come testimoni e mediatori di Grazia. Un momento quindi importante che ci richiama tutti a guardare quello che è il nostro orizzonte, a contemplare che… tanti sono riusciti a vivere il Vangelo, magari anche molti della porta accanto. Ma noi alla fine, desideriamo diventare Santi? Ci impegniamo in uno stile di vita orientato alla santità oppure ci facciamo avvolgere dalla situazione di questo mondo? In questa festa, contempliamo, ammiriamo e desideriamo ardentemente il paradiso, l’unica nostra salvezza.
Il giorno seguente la Chiesa ci invita a pregare per tutti i defunti, per tutti coloro che ancora non hanno raggiunto la visione beatifica di Dio, preghiamo per loro, perché presto possano giungere alla visione di Dio…la desideriamo anche noi la visione beatifica di Dio? Il pregare per i defunti, l’aver cura di seppellire i morti è sempre stato per gli uomini di tutti i tempi un rito molto importante, che la tradizione cristiana non ha perso, Cristo è passato attraverso la morte e la sepoltura, ma la nostra fede ci dice che essa non è l’ultima parola!! Cristo ha vinto la morte!! Non dobbiamo aver paura della notte, perché Cristo è la Luce!
Vorrei riportare alla luce una tradizione che ho vissuto io da bambino ad Olbia e che so che anche qua veniva vissuta. Nei giorni del primo e del due novembre, i bambini giravano per le case e le famiglie chiedendo “morti e morti”. Esso va visto come un momento di offerta per i morti, in tutte le case si preparavano dei dolci o spiccioli da offrire a loro. I bambini nella loro semplicità e innocenza chiedevano in suffragio dei defunti un dono, che le persone offrivano volentieri! Il preparare i dolci in casa è una bella tradizione da riprendere e rivivere, come anche il trovarsi insieme con le collane di castagne e mangiarle intorno al fuoco. Vogliamo riscoprire le nostre tradizioni?
Cari fratelli e sorelle, siamo figli della luce e siamo chiamati alla santità, buon cammino.
Don Davide
I FATTI DELLA SETTIMANA
■ CRESIME 2019
Nella bellissima giornata di domenica 27 ottobre si sono celebrate alle ore 11 nella Chiesa di Santa Maria Maddalena le Cresime presiedute dal nostro Vescovo mons. Sebastiano Sanguinetti. 53 ragazzi delle nostre comunità parrocchiali hanno completato il cammino d’iniziazione cristiana e hanno ricevuto il sacramento che completa questo cammino e che ne fa iniziare un altro: vivere la vita da cristiano. I ragazzi hanno compiuto tutto il cammino previsto, in modo particolare in quest’ultima parte sono stati guidati da don Davide e dalle catechiste in un cammino più forte e marcato mettendo come punti chiave: la scelta e la responsabilità. Sono giunti a fare una scelta e sono chiamati a portarla avanti. Da soli? No, insieme alla loro famiglia e a tutta la comunità. Sono stati tanti i momenti che hanno caratterizzato quest’anno, pensiamo agli incontri diocesani e interparrocchiali, agli incontri sulla formazione alla cittadinanza attiva vissuta con i carabinieri e la guardia di finanza, gli incontri sull’importanza delle relazioni. Forse quello che hanno sentito di più è stato l’ultimo di sabato 19 ottobre dove hanno vissuto il ritiro, svoltosi a Tempio. La mattina i ragazzi hanno incontrato il Vescovo, con il quale hanno passato una bella oretta di incontro, si sono lasciati andare a tante domande su molteplici quesiti che fanno parte della loro vita. Il vescovo questo lo ha riportato poi durante l’omelia di domenica. Finito l’incontro col vescovo i ragazzi hanno fatto visita al seminario dove sono stati ospitati per il pranzo e successivamente hanno vissuto momenti di svago e di incontro guidati dai seminaristi, infine si sono preparati alla confessione e dopo la celebrazione della Santa Messa si è fatto ritorno all’isola.
Ritorniamo alla celebrazione, la chiesa era gremita, i ragazzi e le loro famiglia emozionati, punti importanti della celebrazione sicuramente il rito della candela, che segna il passaggio dai genitori ai figli: adesso tocca a voi fare la vostra professione di fede; l’imposizione della mani e la crismazione, dove il Vescovo invoca sui ragazzi il dono dello Spirito Santo. Durante l’offertorio sono stati tanti i doni portati e offerti dalle famiglie: pane, vino, dolci, olio, viveri per i poveri e l’offerta per le necessità della diocesi e della parrocchia; le pergamene e le piantine che sono state donate ai ragazzi da parte della parrocchia. la celebrazione è stata animata dal coro San Giovanni Bosco. I ragazzi stanno vivendo la settimana di ringraziamento. La comunità continui a pregare per loro affinché possano coltivare ogni giorno il seme della fede, della speranza e della carità.
Le parrocchie ringraziano le famiglie per i viveri che hanno donato per i poveri, un bel segno di condivisione della festa; e per le offerte donate per le necessità della diocesi e delle parrocchie.
Don Davide e le catechiste
■ Come possiamo aiutare i nostri cari ed amati defunti?
Possiamo acquistare a favore delle anime del Purgatorio l’indulgenza plenaria (una sola volta al giorno) dal mezzogiorno del 1° novembre fino a tutto a tutto il giorno successivo vistando una chiesa e recitando il Credo e il Padre Nostro. Sono inoltre da adempiere queste tre condizioni:
*confessione sacramentale Questa condizione può essere adempiuta parecchi giorni prima o dopo. Con una confessione si possono acquistare più indulgenze plenarie, purché permanga in noi l’esclusione di qualsiasi affetto al peccato, anche veniale.
*comunione eucaristica
*preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice recitando Padre Nostro e Ave Maria
La stessa facoltà alle medesime condizioni è concessa nei giorni dal 1° all’ 8 novembre al fedele che devotamente visita il cimitero e anche soltanto mentalmente prega per i fedeli defunti
IL VALORE DELLE INDULGENZE – La ricorrenza della Commemorazione dei Fedeli Defunti, suscita in tutti noi il ricordo di chi ci ha lasciato e il desiderio di rinnovare nella preghiera quegli affetti che con i nostri cari ci hanno tenuto uniti durante la loro vita terrena. E’ ciò che esprimiamo con il termine suffragio, parola che deriva dal verbo latino suffragari che significa: soccorrere, sostenere aiutare. In vari modi la Chiesa ci insegna che possiamo suffragare le anime dei nostri cari defunti: con la celebrazione di Sante Messe, con i meriti che acquistiamo compiendo le opere di carità, con l’applicazione delle indulgenze. In particolare su questa pratica, ultimamente un po’ trascurata, vogliamo soffermare il nostro pensiero.
Che cosa sono le indulgenze.
Leggiamo dal catechismo la definizione. L’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele debitamente disposto, e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi.
Al di là del linguaggio, sempre piuttosto tecnico nelle formulazioni ufficiali, cerchiamo di tradurre il tutto in termini più semplici. La teologia cattolica insegna che ogni nostro peccato ha una duplice conseguenza genera una colpa e comporta una pena.
Mentre la colpa, che possiamo concepire come la rottura o il deturpamento dell’amicizia con Dio, è rimessa dall’assoluzione sacramentale nella confessione, (attraverso la quale Dio cancella l’offesa ricevuta), la pena permane anche oltre l’assoluzione. Allontaniamo da noi ogni pensiero che si tratti di una castigo che Dio infligge, analogamente a quanto avviene nel codice penale per i reati commessi contro la legge degli uomini.
La pena di cui parliamo è una conseguenza che deriva dalla natura stessa del peccato, che oltre ad essere offesa a Dio è anche contaminazione e corruzione dell’uomo.
I nostri peccati infatti rendono sempre più faticoso ricostruire l’amicizia con Dio e superare quella inevitabile inclinazione al male che permane anche dopo la remissione sacramentale, come conseguenza del peccato stesso. Semplificando, pensiamo ad una ferita: anche dopo che ha smesso di sanguinare continua a darci dolore, ed è un punto debole: basta un piccolo urto perché riprenda l’emorragia. Il nostri corpo deve faticare per ricostruire il tessuto nella sua integrità e solo allora possiamo dirci veramente guariti. Il peccato è una ferita dell’anima e anche dopo il nostro pentimento e l’assoluzione sacramentale rimane come una debolezza, siamo più fragili, più soggetti a ricadere proprio dove siamo già caduti, rischiamo che quella ferita non pienamente rimarginata, si riapra proprio nello stesso punto. Le indulgenze che possiamo acquistare anche per noi stessi (esempio il perdono d’Assisi o le indulgenze dell’Anno Santo) sono come un medicamento cicatrizzante, ci confermano nel proposito di rinnegare il peccato e sanciscono la nostra volontà di aderire pienamente al progetto di Dio. Pensiamo ancora cosa avviene quando l’amicizia tra due viene infranta. Essa si ricostruirà ma con fatica; anche dopo che l’offesa è stata perdonata, rimane come una difficoltà nei rapporti, finché con il tempo e la reciproca buona volontà non si rimuovono completamente le cause e i ricordi del litigio. Ora noi non possiamo certamente dubitare della volontà di Dio di riammetterci alla sua piena comunione, ma dobbiamo dubitare delle nostre capacità a staccarci completamente dal peccato e da ogni affetto malsano; è necessario un lungo cammino di conversione e di purificazione. La pena temporale non è quindi da concepire come una vendetta di Dio ma come il tempo necessario a noi per rigenerare la nostra capacità di amare Dio sopra ogni cosa. Questa pena temporale esige d’essere compiuta in questa vita come riparazione, o in Purgatorio come purificazione. Nel cammino terreno il cristiano dovrà quindi vedere come mezzi di purificazione, che facilitano il cammino verso la santità: le varie prove e la sofferenza stessa, l’impegno nelle opere di carità, la preghiera, le varie pratiche di penitenza e, non ultimo, l’acquisto delle indulgenze. Ma poiché difficilmente possiamo presumere che in questa vita riusciremo a giungere a quella perfezione che ci permetterebbe di essere, immediatamente dopo il nostro trapasso, ammessi alla piena comunione con Dio, la Giustizia Divina prevede un tempo di purificazione anche dopo la nostra morte, in quella particolare condizione, (tradizionalmente chiamata Purgatorio), nella quale si troverà la nostra anima al termine del nostro esilio terreno e in attesa di giungere alla piena comunione con Dio. Leggiamo ancora nel Catechismo: “Coloro che muoiono nell’amicizia di Dio, ma imperfettamente purificati, benché sicuri della propria salvezza eterna, vengono sottoposti, dopo la morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia di Dio”
La comunione dei Santi.
E’ a questo punto necessario introdurre un altro elemento importante per la comprensione delle indulgenze che applichiamo ai nostri defunti. In questo cammino di perfezione e di purificazione non siamo soli, ma come i rocciatori impegnati in una scalata siamo legati gli uni agli altri da un legame invisibile, ma reale, che la Chiesa chiama Comunione dei Santi. Abbiamo infatti la consapevolezza di appartenere alla stessa famiglia dei figli di Dio e la certezza che quanto ognuno di noi opera o soffre, in comunione con Cristo e come offerta a Padre, produce frutti di bene a favore di tutti. Dice il Catechismo: “Noi crediamo alla comunione di tutti i fedeli in Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro purificazione, dei beati in cielo; tutti insieme formiamo una sola Chiesa. Noi crediamo che in questa comunione l’amore misericordioso di Dio e dei suoi santi ascolta costantemente le nostre preghiere.”
In questo contesto possiamo affermare l’importanza delle preghiere di suffragio e le indulgenze con le quali soccorriamo i nostri defunti, abbreviando i tempi della loro purificazione. Consideriamo quindi un’opera altamente meritoria ricordare coloro che ci hanno fatto del bene, continuare a sentirci a loro vicini e solidali nel cammino di purificazione che stanno compiendo nel Purgatorio. E ancora più meritevole appare poi la preghiera rivolta a Dio per le anime più abbandonate e più bisognose delle sua Misericordia, quella devozione alle Anime Sante del Purgatorio che purtroppo sopravvive solo nelle persone più anziane. Non è da ritenersi cosa superata l’applicazione di Messe e suffragi in favore di chi pure non abbiamo conosciuto direttamente, quelle preghiere rivolte a Dio per le anime che attualmente si trovano in uno stato di attesa e di bisogno; un modo per farsi amici, come direbbe Vangelo, che “ci accolgano un giorno nelle dimore eterne”.
La preghiera per i defunti
Rispetto per i morti – Presso tutte le religioni, fin dai tempi più remoti, è diffuso il rispetto, il culto per i defunti. Mausolei sono stati costruiti in loro ricordo; le imbalsamazioni in uso presso certi popoli, le offerte, i riti sacrificali, dimostrano quanto sia sentito il dovere di onorare coloro che ci hanno lasciato per una vita oltre la morte. Per molti è un preciso dovere di gratitudine per il bene ricevuto, a partire dal dono della vita, ai valori intellettuali, morali, materiali con cui i nostri cari ci hanno beneficato durante la vita. Purtroppo sovente questo nobile sentimento viene espresso in maniera errata, con ostentazione di potere e ricchezza che non servono assolutamente al defunto, tanto meno a purificarlo dai peccati commessi durante la vita. Una tomba di marmo pregiato, una cassa di legno prezioso, un funerale sfarzoso… sono il più delle volte spreco inutile di denaro che avrebbe potuto essere devoluto a opere di grande valore sociale e caritativo, di cui il defunto avrebbe goduto un grande beneficio.
Solidarietà con i defunti
La morte non spezza i legami che abbiamo con i defunti. Le “tre” Chiese: peregrinante, purificante, trionfante, rimangono strettamente unite come vasi comunicanti: i beni di una si riversano sulle altre. E’ una verità di fede che proclamiamo nel simbolo apostolico quando affermiamo: “credo nella comunione dei santi”.
Con queste differenze. Noi che siamo ancora in vita possiamo con fiducia invocare e ottenere l’aiuto dei beati in cielo, questi sicuramente intercedono per noi, (particolarmente i nostri patroni, i parenti, gli amici, le persone che abbiamo amato). Le anime del Purgatorio invece si trovano in una condizione per la quale non possono più meritare per sé stessi; mentre noi abbiamo possibilità di aiutarli, di lenire le loro sofferenze, abbreviando la loro purificazione.
Da sempre la Chiesa accompagna i defunti, dopo la morte, con particolari riti e preghiere. La liturgia esequiale onora il corpo del defunto in cui Dio è stato presente mediante la Grazia dei Sacramenti e spinge lo sguardo all’ultimo avvenimento della storia, quando Cristo tornerà glorioso per ridare vita ai corpi e renderli partecipi della sua gloria.
Il più grande desiderio dell’uomo è vincere la morte, che trova la risposta certa in Gesù morto e risorto, salito al cielo per preparare un posto per ciascuno di noi. Accomiatandosi dai discepoli Gesù ha promesso: “Vado a prepararvi un posto. Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché anche voi siate dove sono io” (Gv 14,2-4). Per questo la liturgia esequiale è una celebrazione pasquale: un momento in cui i fedeli, mentre pregano per il defunto, affidandolo alla misericordia di Dio, ravvivano la propria fede e speranza in Cristo che tutti attende nel suo regno di amore.
Una delle preghiere recita: “Dio, Padre misericordioso, tu ci doni la certezza che nei fedeli defunti si compie il mistero del tuo Figlio, morto e risorto: per questa fede che noi professiamo, concedi al nostro fratello che si è addormentato in Cristo, di risvegliarsi con noi nella gioia della risurrezione”.
Come aiutare i nostri defunti
La Chiesa, madre e maestra, ci addita parecchi mezzi per suffragare le anime dei nostri cari e aiutarle a raggiungere la pienezza della vita eterna. L’aiuto più efficace è la S. Messa, la Comunione fatta in suffragio dei defunti. La celebrazione Eucaristica, rinnovando il sacrificio di Gesù, è l’atto supremo di adorazione e riparazione che possiamo offrire a Dio per le anime dei defunti.
La preghiera: un mezzo sempre efficace, alla portata di tutti, tanto più efficace quando non chiediamo aiuti e beni per noi stessi, ma perdono e salvezza per le anime dei nostri cari. Questa preghiera è tanto gradita a Dio perché coincide con la sua volontà salvifica: Egli desidera, attende di incontrarci tutti in Cielo, in quella beatitudine per la quale ci ha creati.
Oltretutto per molti di noi è un dovere di gratitudine per il bene ricevuto da parenti e amici e insieme una garanzia perché le anime, giunte in Paradiso, pregheranno per noi. Tra le preghiere tanto raccomandate dalla Madonna, la recita del Rosario, con l’aggiunta dopo il Gloria, di una invocazione per i defunti: l’Eterno riposo. Oltre la preghiera possiamo suffragare le anime con mortificazioni, sacrifici, penitenze, beneficenza e atti di carità, in riparazione dei peccati commessi mentre erano in vita.
A cura della Redazione Papaboys
■ In preparazione all’arrivo delle reliquie di San Pio un interessante articolo sul culto dei Santi e delle reliquie.
Reliquie: segno visibile del Dio invisibile
Il culto delle reliquie tra superstizione e spiritualità. Qual è la verità? Come venerarle per quello che rappresentano senza trasformarle in un talismano? di Gianni Mussini 18 settembre 2018
Che cosa hanno in comune un gagliardetto del Manchester United, la chitarra di Elvis all’Hard Rock Café di Manhattan, i Sepolcri di Ugo Foscolo e gli autografi delle tre stesure dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni? In tutti i casi abbiamo a che fare con realtà materiali che rimandano a una realtà di tipo – in senso lato – ‘spirituale’ e la rendono viva e visibile.
Il primo risale alla semifinale di una delle diverse Coppe dei Campioni vinte dal mio Milan: ero in gita scolastica e la guardai solo in TV ma un fedele amico, presente a San Siro, riuscì a procurarmi il prezioso gagliardetto che fa ancora bella mostra di sé nel mio studio (non lontano c’è una bella stampa ottocentesca che ritrae lo stesso Manzoni, con altri variegati cimeli e assortite immagini di luoghi cari: paesaggi dell’anima che in quel modo rimangono perennemente nei miei occhi e dunque nel mio cuore).
Con altre preziose ‘reliquie’ (per esempio la lettera d’amore di Courtney Love, il borsello di Jimi Hendrix e, per i più conservatori, i “Beatles memorabilia” come latinamente li chiamano da quelle parti…), all’Hard Rock Café di New York è laicamente venerata ogni giorno da centinaia di visitatori anche la chitarra di Elvis Presley: posso testimoniare che, appena la vedono, si mettono a canticchiare Jailhouse rock oppure (i romantici) Love me tender.
I Sepolcri del vecchio Foscolo ci dicono invece che un apparentemente inutile “sasso” cimiteriale, che ricorda una persona cara, non è veramente inutile visto che – come ci hanno insegnato a scuola – può stimolare una giovevole “corrispondenza di amorosi sensi” e, se si è stati bravi in vita, anche una sana emulazione a compiere “egregie cose”.
Infine gli autografi manzoniani (ogni foglio dei quali avrebbe un valore venale di migliaia di euro) ci spiegano che la storia delle tre redazioni dei Promessi sposi e dei cenci sciacquati in Arno non è una noiosa invenzione dei professori e dei critici letterari, ma una cosa magnificamente concreta: quante volte a scuola ho proposto ai miei ragazzi fotoriproduzioni delle diverse stesure di un passo del romanzo per far scoprire autonomamente da loro stessi il processo di toscanizzazione del linguaggio e, insieme, certe particolari soluzioni stilistiche attuate dall’autore… E dinanzi alla realtà, non a sue intimorenti astrazioni, i ragazzi capivano!
Ci pensavo quando, all’inizio di quest’anno, in una città disincantata come la mia (dove la presenza dominante dell’Università dissuade da ogni troppo esibita passione) si è tenuta – promossa da don Silvio Longobardi e dalla sua comunità – la peregrinatio delle reliquie dei genitori di Santa Teresa di Lisieux. Confesso che temevo il classico buco nell’acqua. Ma quando, all’inizio delle celebrazioni, ho visto d’incanto accendersi l’altare di moltissime candele (ecco un altro oggetto che allude a una realtà spirituale), allora ho capito che la cosa funzionava, e che tanta gente sente il bisogno di una fede concreta e incarnata: che è poi il segreto del Cristianesimo, il cui Dio non se ne è stato per aria, ma è venuto giù da noi, si è fatto toccare, ha mangiato e, nell’Eucarestia, si è fatto mangiare; anzi continua a farlo visto che, proprio nell’Eucarestia, secondo una bella intuizione del Cardinal Scola, Cristo è nostro contemporaneo.
Certo, non sono mancate le riserve dei soliti cattolici superintelligenti (?) sempre pronti a denunciare tutto quanto, nella Chiesa, sappia anche lontanamente di ‘superstizione’. E non senza ragioni, beninteso: sul culto delle reliquie incombe infatti il rischio del feticismo, quando da segno vivo esse si trasformano in una sorta di talismano. Inaccettabile, perché la magia non c’entra con il Cristianesimo, tanto che la Chiesa è molto severa in materia; così come – per analoghi motivi – condanna senza mezzi termini il mercato delle cose sacre, ovvero quella simonia che può vergognosamente riguardare anche le reliquie dei santi.
Ma sentiamo la parola sicura del Concilio, così volentieri invocato dai superintelligenti di cui sopra: «La Chiesa, secondo la sua tradizione, venera i santi e tiene in onore le loro reliquie autentiche e le loro immagini. Le feste dei santi infatti proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai fedeli opportuni esempi da imitare» (cap. 11 della Costituzione sulla Sacra Liturgia).
Non si potrebbe dire meglio. Del resto quest’anno proprio le reliquie del papa del Concilio, san Giovanni XXIII, sono state accolte per qualche settimana nella casa natale del Santo, a Sotto il Monte. Mentre Giovanni Paolo II, altro papa canonizzato, fu sentito esclamare sulla tomba di sant’Agostino nella basilica pavese di San Pietro in Ciel d’Oro: “Qui c’è il corpo di sant’Agostino”, calcando molto – alla sua maniera – sulla parola “corpo”, così decisiva nella visione trinitaria del Cristianesimo e anche in quella particolare Teologia del corpo elaborata dallo stesso Wojtyla.
Sulla stessa linea monsignor Ettore Malnati che, in un recente intervento comparso su Avvenire, ha ben colto le radici cristologiche ed eucaristiche delle reliquie: se è vero che l’umanità di Gesù Cristo “fu determinante nel piano divino in tutta la sofferenza e umiliazione della Passione sino alla tragedia della croce”, ne consegue che “è proprio per il mistero dell’unione ipostatica, cioè delle due nature nell’unica persona del Verbo, che ha potuto realizzarsi la redenzione dell’umanità”; e che coerentemente i cristiani sin dai primi secoli hanno onorato i corpi dei martiri in virtù proprio del fatto che, “con il Battesimo e l’intera economia sacramentale, il corpo del cristiano, oltre ad essere il tempio della Trinità, è stato lo strumento materiale per una realizzazione della teofania individuale”. La conclusione è coerente con questo assunto: “L’onorare dunque il corpo sepolto di un santo significa richiamare il modo come questi ha risposto al progetto di Dio e porsi alla sua scuola, per rendere la propria vita illuminata dallo stile con cui quel santo ha vissuto”.
Chiaro no? E pensare che avevo cominciato il discorso parlando di Elvis Presley e del Manchester United… Proprio vero che le vie del Signore sono infinite! Dal sito: https://www.puntofamiglia.net
■ Ottobre: mese del rosario?
Trenta anni fa, durante il mese di ottobre, nella chiesa di Santa Maria Maddalena, partecipavano alla recita quotidiana del rosario, prima della Messa serale, dalle quaranta alle cinquanta persone. Durante questo ultimo mese di ottobre hanno partecipato dalle sette alle dieci persone. Come si spiega? La devozione popolare ha dedicato tutto il mese di ottobre alla Beata Vergine Maria del Rosario la cui memoria si celebra il 7 ottobre. Si collega con la vittoria di Lepanto 7 Ottobre 1571, che arrestò la grande espansione dell’impero ottomano dei Turchi. Il papa san Pio V attribuì quello storico evento alla preghiera che il popolo cristiano aveva indirizzato alla Vergine nella forma del rosario. I papi hanno sempre incoraggiato la recita del rosario presso il popolo cristiano. Il papa san Giovanni Paolo II ha pubblicato una enciclica sul rosario ed ha aggiunto i cinque misteri della luce che si meditano il giovedì. A Lourdes la Madonna che appare a santa Bernadette ha in mano il rosario ed invita la veggente a recitarlo. La Madonna che appare a Fatima raccomanda ai tre pastorelli la recita del rosario perché cessi la guerra. A La Maddalena c’è stata sempre tanta devozione al santo rosario, come dimostra un antico quadro del settecento nella cappella del rosario e il mosaico, nella stessa cappella, raffigurante la Madonna col Bambino, che porgono il rosario a san Domenico e a santa Caterina da Siena, apostoli del rosario. La supplica alla Madonna del Rosario di Pompei due volte all’anno a mezzogiorno è stata sempre partecipata, una volta venivano anche molti alunni delle scuole. Come mai la recita quotidiana e comunitaria del rosario è andata piano piano diminuendo? Eppure la Chiesa la incoraggia concedendo l’indulgenza plenaria applicabile anche ai defunti, a chi recita comunitariamente il rosario. Indubbiamente è diminuita la fede. Gli anziani man mano cedono il posto e sono pochi quelli che li sostituiscono. Ma non sempre è diminuzione di fede. Tanti recitano il rosario personalmente in casa o in chiesa. Tanti altri pur avendo devozione per il rosario, hanno un po’ trascurato, si sono lasciati prendere dalle tante cose da fare. Alcuni possono anche aver avuto difficoltà con l’ orario: rosario alle ore 17.00, santa Messa alle ore 18.00. È importante ricordare che Dio non toglie ma dona. Il rosario è una meditazione sulla vita di Gesù (i misteri) con la mente e il cuore di Maria sua e nostra madre. Recitarlo bene ci aiuta a vivere con Gesù e come Gesù, alla scuola di Maria, i misteri della vita, le gioie, le sofferenze, le fatiche e le speranze. Ciò che non abbiamo fatto ieri facciamolo domani.
D.D.
Programma del pellegrinaggio delle reliquie di Padre Pio da Pietrelcina in visita
a La Maddalena

Venerdì 8 novembre
h. 9.30 Arrivo e accoglienza delle reliquie nella chiesa di S. M. Maddalena
h. 10.30 S. Rosario
h. 11.00 S. Messa per gli ammalati presieduta da S.E. Mons. S. Sanguinetti
h. 15.00 Coroncina alla Divina Misericordia e S.Rosario
h. 16.45 S. Rosario e Vespri
h. 17.30 Catechesi – padre Fortunato Grottola
h. 18.00 S. Messa per il volontariato.
h. 21.15 Veglia di preghiera
Sabato 9 novembre
h. 8.00 Lodi mattutine
h. 8.30 S. Messa
Mattinata dedicata ai Gruppi di Preghiera di Padre Pio
h.10.00 S. Rosario
h. 10.30 Catechesi – padre Fortunato Grottola
h.11.30 S. Messa
h. 15.00 Adorazione Eucaristica
h. 16.15 Incontro con i bambini
h. 16.45 S. Messa con i bambini
h. 18.00 S. Messa
h. 21.15 Fiaccolata per le vie del centro
Domenica 10 novembre
h. 9.30 S. Messa
h. 11.00 S. Messa e catechesi con i bambini
h. 15.00 Coroncina alla Divina Misericordia e S.Rosario
h. 16.45 S. Rosario e Vespri
h. 17.30 Catechesi – padre Fortunato Grottola
h. 18.00 S. Messa per le famiglie con atto di affidamento.
Lunedì 11 novembre
h. 8.00 Lodi mattutine
h. 8.30 S. Messa conclusiva, saluto e partenza delle reliquie.
La chiesa sarà aperta dalle 7.30 alle 23.00.
Le celebrazioni eucaristiche saranno animate dai cori parrocchiali.
Diversi momenti di preghiera saranno animati dai gruppi parrocchiali.
Durante le celebrazioni saranno disponibili sacerdoti per le confessioni.
AVVISI
Parrocchia Agonia di N.S.G.C. - Moneta
1. Giovedì 31 ottobre vigilia della Solennità di tutti i Santi.
h. 16.15 S. Messa prefestiva.
2. Venerdì 1 novembre solennità di Tutti Santi, festa di precetto, le S. Messe come la domenica.
3. Sabato 2 novembre – Commemorazione dei fedeli defunti
h. 8.00 – S. Messa a Moneta
h. 11.00 – S. Messa al cimitero
h. 16.15 – S. Messa prefestiva a Moneta.
4. Martedì 5 novembre alle h. 19.00 nel salone dell’Oasi Serena incontro di preparazione alla Cresima per adulti.
5. Venerdì 8 novembre arrivano le reliquie di Padre Pio. Non ci sarà la S. Messa a Moneta.
6. Sabato 9 novembre non ci sarà la S. Messa prefestiva a Moneta.
7. Domenica 10 novembre h. 9.00 S. Messa a Moneta. Non ci sarà la S. Messa a Stagnali.
Avvisi
Parrocchia Santa Maria Maddalena
1. Giovedì 31 ottobre vigilia della Solennità di tutti i Santi h. 16.30 S. Messa nella Cappella dell’Ospedale civile. h. 18.00 S. Messa nella Parrocchia di S.Maria Maddalena.
2. Venerdì 1 novembre Solennità di tutti i Santi. Giornata della santificazione universale.
Gli orari delle S. Messe come la domenica.
Tutti i giorni del mese di novembre S.Rosario per i defunti alle ore 17.15.
3. Sabato 2 novembre. Commemorazione dei fedeli defunti.
Orari delle S. Messe:
h. 8.00 Due Strade
h. 8.30 Parrocchia S. Maria Maddalena
h. 11.00 Cimitero
h. 15.00 Cimitero
h. 16.30 Cappella Ospedale civile (prefestiva)
h. 18.00 Parrocchia S. Maria Maddalena per tutti i defunti dell’anno (prefestiva)
4. Domenica 3 novembre Ingresso di Don Roberto Aversano nella Parrocchia di Cristo Re a Valledoria. La S.Messa a Valledoria sarà alle ore 17.30.
5. Martedì 5 novembre
● Alle ore 10.30 incontro del gruppo Liturgico nella Biblioteca parrocchiale.
● Alle ore 19.00 nel salone dell’Oasi Serena incontro di preparazione alla Cresima per adulti.
6. Mercoledì 6 Novembre
● Dalle ore 9.30, tutti coloro che possono, sono invitati ad aiutare nelle pulizie generali della chiesa, in preparazione all’arrivo delle reliquie di San Pio.
● Tutti i mercoledì di novembre alle ore 15.45 S.Messa in Cimitero.
7. Venerdì 8 novembre arrivo delle reliquie di Padre Pio. Vedi programma.
8. Giovedì 14, venerdì 15 e sabato 16 novembre pellegrinaggio a Carloforte, per la festa della Madonna dello Schiavo. Per le iscrizioni rivolgersi a Pierluigi Aversano al numero 3491534378 o in Sacrestia.

M A G I S T E R O
È INGIUSTO CHE OGGI CI SIA CIBO PER TUTTI, MA CHE TUTTI NON POSSANO ACCEDERVI
La Giornata Mondiale dell’Alimentazione fa eco ogni anno al grido di tanti nostri fratelli che continuano a subire le tragedie della fame e della malnutrizione. Di fatto, nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi decenni, l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile rimane un programma da realizzare in molte parti del mondo.
Vediamo come il cibo cessa di essere un mezzo di sussistenza per diventare un canale di distruzione personale. Quindi, a fronte degli 820 milioni di persone affamate, abbiamo sull’altro piatto della bilancia quasi 700 milioni di persone in sovrappeso, vittime di abitudini alimentari sbagliate. A causa della malnutrizione, le patologie legate all’opulenza possono derivare sia da uno squilibrio “per eccesso”, i cui effetti sono spesso diabete, malattie cardiovascolari e altre forme di malattie degenerative, sia da uno squilibrio “per difetto”, documentato dal numero crescente di morti per anoressia e bulimia.
È quindi necessaria una conversione del nostro modo di agire, e la nutrizione è un importante punto di partenza. Viviamo grazie ai frutti del creato e questi non possono essere ridotti a mero oggetto di uso e di dominio. Per questo motivo, i disturbi alimentari si possono combattere solo coltivando stili di vita ispirati ad una visione riconoscente di ciò che ci viene dato, cercando la temperanza, la moderazione, l’astinenza, il dominio di sé e la solidarietà: virtù che hanno accompagnato la storia dell’uomo. Si tratta di ritornare alla semplicità e alla sobrietà e di vivere ogni momento dell’esistenza con uno spirito attento ai bisogni dell’altro.
Per assimilare tale forma di vita, la famiglia ha un posto principale, e per questo la FAO ha dedicato particolare attenzione alla tutela della famiglia rurale e alla promozione dell’agricoltura familiare. Nell’ambito familiare, e grazie alla sensibilità femminile e materna, si impara a godere dei frutti della terra senza abusarne e si scoprono gli strumenti migliori per diffondere stili di vita rispettosi del bene personale e collettivo.
D’altra parte, l’attuale interdipendenza tra le nazioni può aiutare a mettere da parte gli interessi particolari e favorire la fiducia e la relazione di amicizia tra i popoli. Auspico che il tema di quest’anno ci aiuti a non dimenticare che c’è chi si nutre ancora in modo poco salutare. È crudele, ingiusto e paradossale che, al giorno d’oggi, ci sia cibo per tutti e, tuttavia, non tutti possano accedervi; o che vi siano regioni del mondo in cui il cibo viene sprecato, si butta via, si consuma in eccesso o viene destinato ad altri scopi che non sono alimentari. Per uscire da questa spirale, occorre promuovere «istituzioni economiche e programmi sociali che permettano ai più poveri di accedere in modo regolare alle risorse di base».
La lotta contro la fame e la malnutrizione non cesserà finché prevarrà esclusivamente la logica del mercato e si cercherà solo il profitto a tutti i costi, riducendo il cibo a mero prodotto di commercio, soggetto alla speculazione finanziaria e distorcendone il valore culturale, sociale e fortemente simbolico. La prima preoccupazione dev’essere sempre la persona umana, specialmente coloro che mancano di cibo quotidiano e che a malapena riescono a occuparsi delle relazioni familiari e sociali . Quando la persona umana sarà collocata nel posto che le spetta, allora le operazioni di aiuto umanitario e i programmi di sviluppo avranno un impatto maggiore e daranno i risultati sperati. Non possiamo dimenticare che ciò che accumuliamo e sprechiamo è il pane dei poveri. Chiedo a Dio di benedire ognuno di voi e rendere fruttuoso il vostro lavoro, in modo che cresca costantemente la pace al servizio del progresso autentico e integrale di tutta la famiglia umana.
(Messaggio per la Giornata Mondiale dell'alimentazione 2019 - 16 ottobre 2019)
CATECHESI SUGLI ATTI DEGLI APOSTOLI - «Vieni in Macedonia e aiutaci!» (At 16,9). La fede cristiana approda in Europa
Leggendo gli Atti degli Apostoli si vede come lo Spirito Santo è il protagonista della missione della Chiesa: è Lui che guida il cammino degli evangelizzatori mostrando loro la via da seguire.
Questo lo vediamo chiaramente nel momento in cui l’apostolo Paolo, giunto a Troade, riceve una visione. Un Macedone lo supplica: «Vieni in Macedonia e aiutaci!». Il popolo della Macedonia del Nord è fiero di questo, è tanto fieri di aver chiamato Paolo perché fosse Paolo ad annunziare Gesù Cristo. Ricordo tanto quel bel popolo che mi ha accolto con tanto calore: che conservino questa fede che Paolo ha predicato loro! L’Apostolo non ha esitato e parte per la Macedonia, sicuro che è proprio Dio ad inviarlo, e approda a Filippi, «colonia romana» sulla via Egnatia, per predicare il Vangelo.
La potenza del Vangelo si indirizza, in particolare a Lidia, una credente in Dio a cui il Signore apre il cuore «per aderire alle parole di Paolo». Lidia, infatti, accoglie Cristo, riceve il Battesimo insieme alla sua famiglia e accoglie quelli che sono di Cristo, ospitando Paolo e Sila nella sua casa. Abbiamo qui la testimonianza dell’approdo del cristianesimo in Europa: l’inizio di un processo di inculturazione che dura anche oggi. E’ entrato dalla Macedonia.
Poi , Paolo e Sila si trovano a fare i conti con la durezza del carcere , dove vengono gettati per aver liberato nel nome di Gesù «una schiava che aveva uno spirito di divinazione» e «procurava molto guadagno ai suoi padroni» con il mestiere di indovina. I suoi padroni guadagnavano tanto e questa povera schiava faceva questo che fanno le indovine: ti indovinava il futuro, ti leggeva le mani – come dice la canzone, “prendi questa mano, zingara”, e per questo la gente pagava. Anche oggi, c’è gente che paga per questo. I suoi padroni, per ritorsione, denunciano Paolo e conducono gli Apostoli davanti ai magistrati con l’accusa di disordine pubblico.
Ma cosa succede? Paolo è in carcere e durante la prigionia accade però un fatto sorprendente. E’ in desolazione, ma invece di lamentarsi, Paolo e Sila intonano una lode a Dio e questa lode sprigiona una potenza che li libera: durante la preghiera un terremoto scuote le fondamenta della prigione, si aprono le porte e cadono le catene di tutti. Come la preghiera della Pentecoste, anche quella fatta in carcere provoca effetti prodigiosi.
Il carceriere, credendo che i prigionieri siano fuggiti, stava per suicidarsi, perché i carcerieri pagavano con la propria vita se fuggiva un prigioniero; ma Paolo gli grida: “Siamo tutti qui!”. Quello allora domanda: «Che cosa devo fare per essere salvato?». La risposta è: «Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia». A questo punto accade il cambiamento: nel cuore della notte, il carceriere ascolta la parola del Signore insieme alla sua famiglia, accoglie gli apostoli, ne lava le piaghe – perché erano stati bastonati – e insieme ai suoi riceve il Battesimo; poi, «pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio», imbandisce la mensa e invita Paolo e Sila a restare con loro: il momento della consolazione! Nel cuore della notte di questo anonimo carceriere, la luce di Cristo brilla e sconfigge le tenebre: le catene del cuore cadono e sboccia in lui e nei suoi familiari una gioia mai provata.
Chiediamo anche noi oggi allo Spirito Santo un cuore aperto, sensibile a Dio e ospitale verso i fratelli, come quello di Lidia, e una fede audace, come quella di Paolo e di Sila, e anche un’apertura di cuore, come quella del carceriere che si lascia toccare dallo Spirito Santo.
(UDIENZA GENERALE – Mercoledì 30/10/2019) a cura di A. Panzera
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